Si parla molto di Fotografia. Io non vorrei dire niente.
Ho cominciato a fotografare dalla mia infanzia con una “macchinetta giocattolo” ricevuta in regalo, ma il fatto è puramente irrilevante. Infatti, penso che “fotografare” sia, semplicemente, rivolgere il proprio sguardo particolare su ciò che ci circonda; aprire la propria finestra personale sul mondo, e questo lo si fa anche senza macchina fotografica. Pertanto, credo di aver “fotografato” da sempre, anche quando non avevo l’attrezzatura.
In altre parole, non conosco il motivo che mi spinge a fotografare, né la ragione per la quale prediligo un certo tipo di immagine invece di un’altra. Ma la Fotografia, lo si sa, è uno stato d’animo e, come tale, misteriosa, inspiegabile ed incomprensibile anche a noi stessi.
E qui risiede tutto il suo fascino.

g.f.

“Credo in tutto ciò che non vedo, e credo poco in quello che vedo. Per fare un esempio: credo che la terra sia abitata, anche adesso, in modo invisibile. Credo, negli spiriti dei boschi, delle montagne, dei deserti, forse in piccoli demoni gentili (tutta la Natura è molto gentile). Credo anche nei morti che non sono più morti (la morte del giorno solare). Credo nelle apparizioni. Credo nelle piante che sognano e si raccomandano di conservare loro la pioggia. Nelle farfalle che ci osservano, improvvisando, quando occorra, magnifici occhi sulle ali. Credo nel saluto degli uccelli, che sono anime felici, e si sentono all’alba sopra le case.
In tutto credo, come i bambini. In una sola cosa non credo: nell’uomo e nella donna, che esistano ancora. Posso sbagliarmi, ma essi mi sembrano ormai luoghi comuni, simulacri di antichi modelli, canne vuote, dove, nelle notti d’inverno, fischia ancora, piegandole, il vento dell’intelligenza, che li sedusse e distrusse”.

Anna Maria Ortese (Corpo Celeste, Adelphi, Milano 1997)
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